Il weekend trascorso tra gli stand di Milano Golosa mi ha permesso di incontrare volti conosciuti e di scoprire nuove ed interessanti realtà. Tra queste, la più “strana”, nell’accezione positiva del termine, è sicuramente quella di Carlo Giusti, con il suo prosciutto di piccione. Ecco il suo racconto dell’azienda e delle scelte che lo hanno portato a seguire una strada originale ed innovativa.
Il racconto di una passione
“Sono un sognatore. La mia famiglia è nella ristorazione da generazioni, ora anche nell’ospitalità, nell’allevamento e nell’agricoltura. Sono stato enologo e consulente per molti anni in passato, in Italia e in Sud America. Porto avanti da una vita il mio personale progetto di valorizzazione della razza Valdarno Nera, un antico Gallo del Chianti che sembrava estinto e che invece continua a passeggiare con fare regale nella mia tenuta e in quelle di pochi altri visionari allevatori toscani. All’inizio degli anni duemila ho portato in Toscana il Black Angus e il suo allevamento biologico, andando oltre la tradizione della razza Chianina e il sentire comune. Amo i piccioni viaggiatori, li allevo e li trasformo in un prodotto che non esisteva e che una piacevole pazzia: un prosciutto di piccione marinato a secco all’interno di vasche di marmo. E poi la Pernice e il Tartufo, la produzione di vini toscani autentici e sinceri, le verdure e i legumi del territorio…. e potremmo non finire più.“
L’Azienda
L’azienda di famiglia si chiama La Vallata, un progetto che ha preso vita a Lajatico e che oggi ingloba quasi 500 ettari adibiti a pascolo, viticoltura, agricoltura. Al centro di tutto questo c’è il resort, con il ristorante guidato dalla madre di Carlo Giusti e con poche camere per chi ama il loro modo di vedere e vivere la Toscana. “Uno spazio perfetto per eventi e matrimoni, che mia moglie Marianna cura dall’inizio alla fine con amore e competenza. Accanto al ristorante c’è un progetto chiamato Tuscany Country Food, una griglieria/focacceria/pizzeria in cui la Toscana più autentica è protagonista. Arrivano da molto lontano per mangiare la nostra bistecca di Black Angus Biologico Toscano… e non hanno torto!” aggiunge Carlo.
Prosciutto di Piccione
Il discorso vira poi sul prodotto più interessante che ho assaggiato a Milano: “Ho da sempre la passione per i colombi viaggiatori, merito di mio padre che mi ha fatto scoprire questi animale che viaggiano anche per mille chilometri e oltre tornano sempre a casa in un punto preciso, affascinante. É una passione che si trasforma nel tempo, ora li allevo e allevandoli ho imparato a conoscere l’anatomia e le peculiarietà. I viaggiatori hanno un petto e una parte muscolare pronunciata che deve sostenerli durante i voli. Da qui nasce il mio progetto o la mia follia come la vogliamo chiamare, creare un prosciutto di piccione. Incrocio i viaggiatori con esemplari da carne, gli lascio liberi di volare tra le mie colline cosi si nutrono di una alimentazione controllata ma in libertà.“
Devono raggiungere l’età adulta e le carni devono avere un particolare valore proteico. Se si va oltre si corre il rischio di rovinare tutto, si sezionano le carni mantenendo l’osso, si legano a spago, si prepara una miniatura a secco e poi si parte con la stagionatura in marmo di colonnata. “La tecnica c’è ma il segreto è il piccione, la sua anatomia il posto in cui vive, vola e si alimenta e anche un po’ della mia follia.” conclude Carlo Giusti.
Angus e Chianina in Grass Fed
“Allevo Black Angus in Toscana da oltre 15 anni, in biologico. Una razza che amo e che vive nei miei pascoli allo stato brado durante gran parte dell’anno. Allevo con il metodo Grass Fed da quasi 20 anni, prima con le chianine ora con la razza Black Angus. In Sud America ho appreso il culto dell’animale, dalla mia esperienza nel mondo del vino ho imparato l’importanza del microclima e dall’agronomia il ruolo dell’alimentazione nella fase del finissage.“
Circa 25 anni fa si trovava in Sud America come Nologo e Agronomo per un’importante progetto legato al vino, e per la prima volta vide il Black Angus allevato allo stato brado. “Il culto spagnolo Sud Americano per il Toro non ha paragoni toglie il fiato, i Caballeros decidono come trattare la carne sentendone l’odore dell’animale, sfiorano le loro mani sul manto del Toro e sanno già tutto questa è sensibilità è cultura. Io allevo in biologico da 15 anni prima con le chianine ora con l’Agnus perchè sembra nato con la mia filosofia d’allevamento“.
Dal Sud America ha preso il culto dell’animale, tra le sue esperienze nel mondo del Vino ha presa l’importanza del microclima, per orgonomia e il ruolo dell’alimentazione nella fase del finissaggio. “Nessuno valorizza la carne del Toro crudo, io si, la lavorazione è il risultato di esperienze e cultura, di un lungo massaggio, di una particolare sfibratura, il risultato, Burro. Io lo chiamo sushi di Toro“.
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