Molti hanno avuto la possibilità d’assaggiare questa eccellenza della cucina nostrana recandosi al ristorante, ma la premiata coppia Pipero-Monsilio ha ben pensato di “festeggiare” la fine del mondo con un piatto degno di questo titolo. GRATIS!
Il 21 dicembre, in piena profezia Maya, ho partecipato alla “Profezia Magna“, ideata per inauguarare al meglio Stazione di Posta, il neo bistrot romano di (Alessandro) Pipero (al Rex) che avrà un menu “vintage”, che comprende le fettine panate e le spuntature di maiale. Quale miglior modo per attendere la fine del mondo?
Arrivo più o meno puntuale (verso le 13). Il posto è molto carino, c’è un gruppo che suona dal vivo, le bollicine Contadi Castaldi, un rosso da urlo e scopro che la fabbrica della carbonara è già in piena attività. Il tempo di scattare qualche foto, salutare qualche faccia conosciuta, e riesco ad accaparrarmi un piatto di carbonara.
Il primo boccone è forte, intenso, aggressivo. Quando capita di sbagliare un piatto, di solito uno dei sapori prevale sugli altri, distruggendo l’armonia. Il primo boccone di carbonara mi fa notare che il mix di formaggi è molto intenso, ma che anche il pepe è protagonista, e che il guanciale croccante è prevalente, ma la crema di tuorli avvolge il palato e la cottura della pasta è perfetta.
Un solo boccone per cogliere il segreto di questo piatto magico: tutti i sapori sono portati quasi all’esasperazione, esaltati in modo eccellente perchè riescono comunque a convivere in armonia, forse nella massima armonia possibile.
Il primo piatto vola via come fosse una tartina e mi ha già creato dipendenza, il tempo di bere qualcosa e cerco un nuovo assaggio perchè ho bisogno della conferma delle prime impressioni. Afferro un piatto, riparto, e sono di nuovo al punto di partenza: è tutto fantastico, è rustico, ruspante, aggressivo, forte, intenso. Capisco perfettamente la questione della carbonara “a peso”: questo piatto crea dipendenza, ed è giusto permettere all’ospite di decidere autonomamente quanto averne a disposizione.
Decido che va bene così, ho potuto assaggiare qualcosa di meraviglioso e sono contento, ma in un instante capisco l’accezione del termine “dipendenza”: prendo un terzo piatto, perchè non voglio vivere di soli ricordi, ho bisogno di un nuovo contatto. Dopo un’ora circa capisco che è il caso di andar via perchè ho perso il controllo.
Nel frattempo sono arrivate tante altre persone, i piatti escono dalla cucina senza soluzione di continuità, il vino si lascia bere con piacere, la musica completa il tutto. Unici assenti di giornata, ingiustificati, i Maya.
La fine del mondo non c’è stata quindi ascoltatemi, andate da Pipero.
La fine del mondo probabilmente c'è stata, ed era nei tuoi 3 piatti!
Anni fa ho avuto l'occasione di gustare a Roma l'amatriciana di un famoso chef abruzzese trapiantato nella capitale, le sensazione erano molto simili alle tue!
Buon 2013.
Roberto Gracci
Bel post! E che piatti!!! a presto, Clara