di Bruno Fulco
I dati di vendita dicono che il vino rosato sta conoscendo un suo momento di splendore, con i consumi in ripresa e i numeri dell’export che vedono l’Italia protagonista nella diffusione mondiale di questa tipologia di vini. Se ci fosse maggiore unità d’intenti e capacità di programmazione questo potrebbe diventare un bel settore della produzione nazionale su cui puntare, ma questa è un’altra storia.
Il pubblico ama sempre di più i rosati, rivelandone l’apprezzamento specialmente in estate. Fermi o spumanti, nella maggior parte dei casi ben si prestano a fare la loro figura in molteplici occasioni. Ampiamente adatti all’aperitivo si trovano a loro agio anche tra le portate in tavola, abbinandosi agevolmente tra le diverse proposte della cucina estiva di casa nostra e non solo.
La folla intervenuta a Bererosa 2015 testimonia la portata di tale gradimento popolare. L’ormai tradizionale appuntamento organizzato dalla rivista Cucina & Vini, in scena come l’anno scorso a Palazzo Brancaccio in Roma, ha presentato le evidenze del mondo del rosato italiano. Tra i banchi d’assaggio certezze consolidate e proposte che si affacciano al grande pubblico. Ampio il numero delle regioni rappresentate, ognuna di loro con prodotti meritevoli d’attenzione.
In grande evidenza la spumantistica italiana con prodotti che incontrano i favori del pubblico, senza però stravolgere se stessi e trasmettendo nel contempo l’autenticità del territorio. Bollicine di alta qualità, caratterizzate dalla finezza del bouquet olfattivo, giocato in prevalenza sulle diverse sfumature della piccola frutta rossa, sui profumi di rosa e sulla scala delle fragranze di crosta di pane, generate dalle diverse permanenze sui lieviti. Ottime le proposte Trento d.o.c. con l’Endrizzi e il Maso Martis, entrambi metodo classico da uve pinot nero, ed il Ferrari anch’esso dallo stesso vitigno ma insieme ad un 40% di chardonnay.
Stessa combinazione di uve per il Brignolio, che insieme agli squisiti metodo classico di cantina La Scolca hanno tenuto alta la bandiera del Piemonte. Tra i sicuri protagonisti nella categoria da segnalare la Lombardia, con la batteria dei Franciacorta entrata da tempo nel cuore degli appassionati. Tra i prodotti della doc senza fare un torto agli altri, in evidenza Barone Pizzini, Ferghettina e Guido Berlucchi anch’essi metodo classico da pinot nero e chardonnay.
Nel panorama generale dell’evento in rosa i vini fermi non sono stati da meno. Di diversa struttura, in alcuni casi forse troppo robusti, hanno lanciato l’invito ad un abbinamento con piatti più complessi. A differenza delle bollicine più vario l’impiego di uve utilizzate, nel pieno rispetto dei territori di provenienza. Il Veneto con la sua massiccia presenza, ha dimostrato di credere e molto nelle potenzialità dei vini rosati ed i risultati presentati ne confermano la giusta intuizione. Interessanti nel complesso le proposte della doc Bardolino Chiaretto, con gli ottimi prodotti di Massimo Ronca e Enzo Righetti che impiegano tra le altre uve Corvina Rondinella e Molinara, le stesse uve che danno vita all’Amarone e che qui dimostrano di comportarsi bene anche se declinate in rosa. Scendendo più a sud la Puglia è certamente un riferimento per il settore. Qui le uve impiegate sono il Negroamaro, come nel Girofle di Severino Garofano, che oltre al fruttato rimanda a richiami speziati o nel Rosa del Golfo dell’omonima cantina, dalla trama olfattiva più floreale.
Oppure il Primitivo, come nell’Est Rosa di Pietraventosa, di frutta carnosa, matura e floreale elegante o nei rosati di Torrevento che vedono anche l’impiego di altri autoctoni pugliesi, come Bombino nero e Nero di Troia. Tra le evidenze non poteva assolutamente mancare l’Abruzzo, ma qui sono di parte vista la mia preferenza assoluta per i vini di Cataldi Madonna, da uve Montepulciano d’Abruzzo. Il Cerasuolo e il Cataldino, quest’ultimo ottenuto da vinificazione in bianco senza contatto alcuno sulle bucce, si presenta in una meravigliosa sfumatura ramata o per qualcuno “buccia di cipolla”. Nel panorama dell’happening in rosa una nota di incoraggiamento va anche al Lazio che riesce a dire la sua con Casale Cento Corvi, nel segno di una regione che sembra finalmente essersi scossa dal torpore e finalmente impegnata nel lungo cammino verso l’eccellenza.
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